giovedì 14 gennaio 2016

Riflessioni sull'Immigrazione


Il dramma che sta coinvolgendo intere popolazioni in fuga dalla guerra, dalle persecuzioni e dalla miseria, alla disperata ricerca di un futuro migliore è sotto gli occhi di tutti. Vediamo famiglie intere con donne, vecchi e bambini costretti a lasciare il proprio paese con mezzi di fortuna, spesso a rischio della propria vita e ci siamo quasi rassegnati, con tristezza, ad averne notizia quotidianamente. Ciò che sta accadendo davanti ai nostri occhi crea sicuramente emozioni e sentimenti diversi in ognuno di noi, e sono proprio questi diversi modi di sentire che vorremmo insieme poter analizzare.
Mille problemi! Un'unica soluzione
Dopo un periodo in cui l'Italia si è trovata sola a fronteggiare l'emergenza sbarchi nel canale di Sicilia ora, finalmente, l'Europa ha deciso di farsi carico collettivamente del problema di queste persone, cercando opportune soluzioni per la loro sistemazione, distribuendole nei vari stati; ma ciò non diminuisce le polemiche intorno all'arrivo di questi disperati.
Nell'opinione pubblica notiamo si vada creando una netta spaccatura tra coloro che comprendono l'emergenza umanitaria che si è venuta a creare e coloro che di questi disperati non ne vogliono neanche sentire parlare.

Un po' di numeri
In italia gli immigrati sono circa il 7% della popolazione residente e i musulmani il 4%, ma la maggior parte degli italiani pensa che gli immigrati rappresentino ormai il 30% della popolazione e i musulmani circa il 20%.
I famigerati 30/70€ al giorno non finiscono nelle mani degli immigrati/richiedenti asilo, ma è una quota che in Italia si spartiscono ormai da anni veri e propri “colossi “ del business dell'accoglienza. È un business da circa 2 milioni al giorno: più ne arrivano, più guadagnano. Inoltre, più a lungo restano e meglio è, e se sono minorenni ancora meglio: lo Stato paga di più.

Perché abbandonare casa propria?
Il mondo animale da tempo remoto si sposta da un posto all'altro per una semplice ragione: sopravvivenza. Nel mondo animale il branco si sposta alla ricerca del territorio favorevole e se vi trova un altro branco più debole lo scaccia e vi si stanzia finché sussistono le condizioni di sopravvivenza o viene scacciato a sua volta.
Ma “l'animale uomo”? L'uomo senziente questa esigenza di “sopravvivere” la mitizza con l'idea biblica della terra promessa.
Ma se tra l'uomo e la terra promessa ci fosse un ostacolo? Se ad esempio fosse già abitata, che fare? Chiedo permesso? Scusi c'è posto? Purtroppo no... armi alla mano, alè al massacro.
Da quel lontano biblico evento la storia si ripete fino ai nostri giorni. Americhe, a Australia, Africa, tutte terre promesse conquistate a scapito delle popolazioni indigene da cui, ancora oggi, si sfruttano le risorse a scapito dei nativi. Multinazionali varie ed eventuali stanziate in territori dove imperversano guerre da anni, dove ci sono carestie e ormai anche eventi climatici che costringono le persone a spostarsi per non morire.
Oggi queste persone si riversano in massa sui nostri territori senza armi chiedendo un posto per vivere e noi occidentali siamo preoccupati al grido “faremo la fine degli indiani d'America”.
Forse vale la pena di ricordarsi del detto “non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te” prima di erigere nuovi muri.
E nel futuro? Siamo alla conquista dello spazio. Forse un domani raggiungeremo altre “terre promesse”? E se saranno abitate? Saranno i nuovi indiani o per quel tempo avremo imparato il rispetto della vita altrui? Che fortunati 'sti extra... Probabilmente qui da noi, con questo andazzo, ci saremo annientati da soli.

Cui prodest?
Basta non essere del paese per essere un immigrato. Basta lavarsi la coscienza periodicamente in un centro di culto per poterla risporcare subito dopo. Sempre con la paura del “forestiero”, sentendo il bisogno di trovare il colpevole identificandolo nel più debole.
Non siamo capaci di vivere senza avere un nemico. La storia ha sempre identificato il diverso geograficamente come il nemico, colui che potrebbe portarci via i nostri averi, senza accorgerci che il vero nemico da sempre è l'ignoranza, che da sempre viene sfruttata, imponendola anche con la violenza, per poter poi governare.
Un bambino nasce curioso, con tanta voglia di conoscere, mentre oggi, e soprattutto per le bambini, viene impedita l'istruzione. La loro colpa è di non essere nate/i in un paese “civile”.
Essere genitore in uno di quei Paesi dove il massacro è di casa, il portare la propria famiglia in luoghi sicuri diventa una colpa.
Vedere con indifferenza quel bambino steso in riva al mare, solamente coccolato dalle onde, che sembrano dire ai “civili umani” guardate l'ultima ninna nanna gliela stiamo facendo noi. Vedere quei volti disegnati dal terrore, disperati, in cerca di un'ancora, di un posto dove dormire e fare dormire i propri cari senza il timore di essere colpiti in mille modi dal terrore.
Pensare che in tutto questo ci sono persone che non provano alcun sentimento fa un certo effetto.
Sono da sfatare i miti economici che manovrano, anche in questo caso, la disuguaglianza, il mettere un lavoratore contro l'altro, la paura dell'immigrato.
Ci hanno fatto credere che per accedere al regno della libertà e della crescita economica fosse necessario che i lavoratori guadagnassero di meno e consumassero di più, generando debito e disoccupazione, generando paura dell'altro, del “diverso”, colpevole solamente di essere disperato.

In conclusione

La nostra responsabilità verso i più deboli
Un bambino è sempre un bambino anche se viene da molto lontano, una madre è sempre una madre anche se parla un'altra lingua, un anziano è sempre una persona a cui il tempo sottrae lentamente ogni cosa, anche se veste abiti diversi.
Tutti siamo stati bambini, tutti abbiamo avuto una madre, un padre, una sorella o un fratello o dei nonni, tutti diventeremo sicuramente anziani. Molte di queste figure necessitano di protezione ed è nostro dovere dare loro protezione. Per coloro che ora proteggono i più deboli è solo questione di tempo, poi, a loro volta, presto o tardi, avranno bisogno anch'essi di protezione.
Ciò che sta alla base dei nostri principi religiosi
La maggior parte di noi viene da una tradizione cattolica e forse siamo ancora in attesa di capire chi sia il nostro “prossimo” insieme chiaramente al “buon samaritano”.
Padroni a casa nostra, ma padroni di cosa?
Ho visto un collega di lavoro lasciare questo mondo in un secondo senza avere il tempo di salutare la propria moglie, che lavorava poco distante nella nostra stessa fabbrica, e mi sono detto: “cosa è veramente nostro”?
Non c'è futuro per una società senza umanità
Nel 1976 ci fu un grande terremoto in Friuli. Fu un disastro e una tragedia, ma i sentimenti e lo sforzo collettivo che ne scaturì, attraverso la ricostruzione e l'ospitalità che molti comuni diedero a diversi gruppi di terremotati, fu un capolavoro di coraggio e solidarietà, una lezione civica che ancor oggi riempie di orgoglio coloro che vi presero parte.
Questo vale sicuramente per tutti coloro che, nel momento in cui accadono grandi calamità nel mondo, offrono la propria disponibilità agli sfortunati e ai bisognosi in qualsiasi modo o forma.
In conclusione
Pensiamo che, aldilà di tutte le nostre considerazioni, ciò che si sta svolgendo sotto i nostri occhi e davanti ai nostri schermi, sia una situazione veramente delicata e straordinaria, ben oltre la nostra razionale comprensione, e quindi debba e meriti di essere analizzata con grande responsabilità, lasciando emergere in noi i sentimenti più elevati, caratteristici della natura “Umana”, lasciando da parte quelli che scaturiscono dalla paura, dall'egoismo e dall'indifferenza.
Non sono necessarie quindi grandi azioni per sentirsi solidali con coloro che si trovano in difficoltà fuggendo dai drammi del nostro tempo, ma un sorriso e un po' di comprensione sia il minimo che tutti possano dare.