Il
dramma che sta coinvolgendo intere popolazioni in fuga dalla guerra,
dalle persecuzioni e dalla miseria, alla disperata ricerca di un
futuro migliore è sotto gli occhi di tutti. Vediamo famiglie intere
con donne, vecchi e bambini costretti a lasciare il proprio paese con
mezzi di fortuna, spesso a rischio della propria vita e ci siamo
quasi rassegnati, con tristezza, ad averne notizia quotidianamente.
Ciò che sta accadendo davanti ai nostri occhi crea sicuramente
emozioni e sentimenti diversi in ognuno di noi, e sono proprio questi
diversi modi di sentire che vorremmo insieme poter analizzare.
Mille problemi! Un'unica soluzione |
Dopo
un periodo in cui l'Italia si è trovata sola a fronteggiare
l'emergenza sbarchi nel canale di Sicilia ora, finalmente, l'Europa
ha deciso di farsi carico collettivamente del problema di queste
persone, cercando opportune soluzioni per la loro sistemazione,
distribuendole nei vari stati; ma ciò non diminuisce le polemiche
intorno all'arrivo di questi disperati.
Nell'opinione
pubblica notiamo si vada creando una netta spaccatura tra coloro che
comprendono l'emergenza umanitaria che si è venuta a creare e coloro
che di questi disperati non ne vogliono neanche sentire parlare.
Un
po' di numeri
In
italia gli immigrati sono circa il 7% della popolazione residente e i
musulmani il 4%, ma la maggior parte degli italiani pensa che gli
immigrati rappresentino ormai il 30% della popolazione e i musulmani
circa il 20%.
I
famigerati 30/70€ al giorno non finiscono nelle mani degli
immigrati/richiedenti asilo, ma è una quota che in Italia si
spartiscono ormai da anni veri e propri “colossi “ del business
dell'accoglienza. È un business da circa 2 milioni al giorno: più
ne arrivano, più guadagnano. Inoltre, più a lungo restano e meglio
è, e se sono minorenni ancora meglio: lo Stato paga di più.
Perché
abbandonare casa propria?
Il
mondo animale da tempo remoto si sposta da un posto all'altro per una
semplice ragione: sopravvivenza. Nel mondo animale il branco si
sposta alla ricerca del territorio favorevole e se vi trova un altro
branco più debole lo scaccia e vi si stanzia finché sussistono le
condizioni di sopravvivenza o viene scacciato a sua volta.
Ma
“l'animale uomo”? L'uomo senziente questa esigenza di
“sopravvivere” la mitizza con l'idea biblica della terra
promessa.
Ma
se tra l'uomo e la terra promessa ci fosse un ostacolo? Se ad esempio
fosse già abitata, che fare? Chiedo permesso? Scusi c'è posto?
Purtroppo no... armi alla mano, alè al massacro.
Da
quel lontano biblico evento la storia si ripete fino ai nostri
giorni. Americhe, a Australia, Africa, tutte terre promesse
conquistate a scapito delle popolazioni indigene da cui, ancora oggi,
si sfruttano le risorse a scapito dei nativi. Multinazionali varie ed
eventuali stanziate in territori dove imperversano guerre da anni,
dove ci sono carestie e ormai anche eventi climatici che costringono
le persone a spostarsi per non morire.
Oggi
queste persone si riversano in massa sui nostri territori senza armi
chiedendo un posto per vivere e noi occidentali siamo preoccupati al
grido “faremo la fine degli indiani d'America”.
Forse
vale la pena di ricordarsi del detto “non fare agli altri ciò che
non vuoi sia fatto a te” prima di erigere nuovi muri.
E
nel futuro? Siamo alla conquista dello spazio. Forse un domani
raggiungeremo altre “terre promesse”? E se saranno abitate?
Saranno i nuovi indiani o per quel tempo avremo imparato il rispetto
della vita altrui? Che fortunati 'sti extra... Probabilmente qui da
noi, con questo andazzo, ci saremo annientati da soli.
Cui
prodest?
Basta
non essere del paese per essere un immigrato. Basta lavarsi la
coscienza periodicamente in un centro di culto per poterla risporcare
subito dopo. Sempre con la paura del “forestiero”, sentendo il
bisogno di trovare il colpevole identificandolo nel più debole.
Non
siamo capaci di vivere senza avere un nemico. La storia ha sempre
identificato il diverso geograficamente come il nemico, colui che
potrebbe portarci via i nostri averi, senza accorgerci che il vero
nemico da sempre è l'ignoranza, che da sempre viene sfruttata,
imponendola anche con la violenza, per poter poi governare.
Un
bambino nasce curioso, con tanta voglia di conoscere, mentre oggi, e
soprattutto per le bambini, viene impedita l'istruzione. La loro
colpa è di non essere nate/i in un paese “civile”.
Essere
genitore in uno di quei Paesi dove il massacro è di casa, il portare
la propria famiglia in luoghi sicuri diventa una colpa.
Vedere
con indifferenza quel bambino steso in riva al mare, solamente
coccolato dalle onde, che sembrano dire ai “civili umani”
guardate l'ultima ninna nanna gliela stiamo facendo noi. Vedere quei
volti disegnati dal terrore, disperati, in cerca di un'ancora, di un
posto dove dormire e fare dormire i propri cari senza il timore di
essere colpiti in mille modi dal terrore.
Pensare
che in tutto questo ci sono persone che non provano alcun sentimento
fa un certo effetto.
Sono
da sfatare i miti economici che manovrano, anche in questo caso, la
disuguaglianza, il mettere un lavoratore contro l'altro, la paura
dell'immigrato.
Ci
hanno fatto credere che per accedere al regno della libertà e della
crescita economica fosse necessario che i lavoratori guadagnassero di
meno e consumassero di più, generando debito e disoccupazione,
generando paura dell'altro, del “diverso”, colpevole solamente di
essere disperato.
In
conclusione
La
nostra responsabilità verso i più deboli
Un
bambino è sempre un bambino anche se viene da molto lontano, una
madre è sempre una madre anche se parla un'altra lingua, un anziano
è sempre una persona a cui il tempo sottrae lentamente ogni cosa,
anche se veste abiti diversi.
Tutti
siamo stati bambini, tutti abbiamo avuto una madre, un padre, una
sorella o un fratello o dei nonni, tutti diventeremo sicuramente
anziani. Molte di queste figure necessitano di protezione ed è nostro
dovere dare loro protezione. Per coloro che ora proteggono i più
deboli è solo questione di tempo, poi, a loro volta, presto o tardi,
avranno bisogno anch'essi di protezione.
Ciò
che sta alla base dei nostri principi religiosi
La
maggior parte di noi viene da una tradizione cattolica e forse siamo
ancora in attesa di capire chi sia il nostro “prossimo” insieme
chiaramente al “buon samaritano”.
Padroni
a casa nostra, ma padroni di cosa?
Ho
visto un collega di lavoro lasciare questo mondo in un secondo senza
avere il tempo di salutare la propria moglie, che lavorava poco
distante nella nostra stessa fabbrica, e mi sono detto: “cosa è
veramente nostro”?
Non
c'è futuro per una società senza umanità
Nel
1976 ci fu un grande terremoto in Friuli. Fu un disastro e una
tragedia, ma i sentimenti e lo sforzo collettivo che ne scaturì,
attraverso la ricostruzione e l'ospitalità che molti comuni diedero
a diversi gruppi di terremotati, fu un capolavoro di coraggio e
solidarietà, una lezione civica che ancor oggi riempie di orgoglio
coloro che vi presero parte.
Questo
vale sicuramente per tutti coloro che, nel momento in cui accadono
grandi calamità nel mondo, offrono la propria disponibilità agli
sfortunati e ai bisognosi in qualsiasi modo o forma.
In
conclusione
Pensiamo
che, aldilà di tutte le nostre considerazioni, ciò che si sta
svolgendo sotto i nostri occhi e davanti ai nostri schermi, sia una
situazione veramente delicata e straordinaria, ben oltre la nostra
razionale comprensione, e quindi debba e meriti di essere analizzata
con grande responsabilità, lasciando emergere in noi i sentimenti più
elevati, caratteristici della natura “Umana”, lasciando da parte
quelli che scaturiscono dalla paura, dall'egoismo e
dall'indifferenza.
Non
sono necessarie quindi grandi azioni per sentirsi solidali con coloro
che si trovano in difficoltà fuggendo dai drammi del nostro tempo,
ma un sorriso e un po' di comprensione sia il minimo che tutti
possano dare.
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