lunedì 27 ottobre 2014

Le mafie non esistono, soprattutto al nord!


La travagliata discussione sulla “Carta di Pisa” è finalmente giunta al termine. Nello scorso Consiglio Comunale del 03 Ottobre 2014 è stata votata l'acquisizione della “carta” a Chignolo d'Isola. Purtroppo la votazione ha dato parere negativo per un soffio... 4 favorevoli, tra cui anche il Sindaco Ronzoni e l'Assessore Fornoni (oltre ai consiglieri di “Vivi Chignolo” e “Terra Nostra”) e 4 contrari, i più fervidi dei quali l'Assessore Rota e il Vicesindaco Mazzola, entrambi per motivi personali. Contrari anche i due consiglieri di “Progetto Chignolo”. Astenuti gli altri. Registriamo dunque che la nostra proposta ha diviso la Giunta, ma il regolamento non prevede la parità in una votazione, e così la nostra mozione è stata bocciata. Peccato. Si è persa una buona occasione di dimostrare la trasparenza e la fermezza contro le organizzazioni mafiose dell'Amministrazione Chignolese.
Sia chiaro: non si vuole assolutamente affermare che la criminalità organizzata si sia infiltrata a Chignolo, ma appunto perché questo non succeda in futuro è importante cercare di prendere dei provvedimenti preventivi o almeno prendere atto che il problema esiste, non solo lontano, ma anche nella “verde pianura”.
Nemmeno a farlo apposta, il 29 settembre di quest'anno, l'Osservatorio sulla Criminalità Organizzata dell'Università degli Studi di Milano, diretto da Fernando dalla Chiesa, ha divulgato il “Primo Rapporto Trimestrale sulle Aree Settentrionali”.
Questo studio accende i riflettori su un argomento che l'opinione pubblica e anche alcuni addetti ai lavori trattano spesso con superficialità.
“Il gruppo di ricerca ha inteso valorizzare nel rapporto il ruolo cruciale giocato dai piccoli comuni nell’espansione e nel radicamento delle organizzazioni mafiose nelle regioni settentrionali. Occorre sottolineare infatti che mentre gran parte dell’opinione pubblica è incline a pensare che il trasferimento dei clan al nord sia guidato dalle opportunità di impiego dei capitali di provenienza illecita nella Borsa e nella finanza, da cui un primato di Milano come piazza finanziaria per eccellenza, in realtà la diffusione del fenomeno mafioso avviene soprattutto attraverso il fittissimo reticolo dei comuni di dimensioni minori, che vanno considerati nel loro insieme come il vero patrimonio attuale dei gruppi e degli interessi mafiosi. E’ soprattutto nei piccoli comuni che si costruisce una capacità di controllo del territorio, di condizionamento delle pubbliche amministrazioni locali, di conseguimento di posizioni di monopolio nei settori basilari dell’economia mafiosa, a partire dal movimento terra”. E ancora “...non si può sottovalutare, nei centri minori, la facilità di accesso alle amministrazioni locali grazie alla disponibilità di un piccolo numero di preferenze, specie in contesti in cui il ricorso alla preferenza sia poco diffuso tra gli elettori (come al nord). Per molte ragioni è insomma la provincia, più che il capoluogo, l’ambito ideale per le strategie di insediamento delle organizzazioni mafiose”.
Come vediamo, il problema è piuttosto vicino anche a noi lombardi di provincia, e se andiamo a leggere i capitolo dello studio, specifico per la provincia di Bergamo, ci rendiamo conto che “Sin dagli anni ’70 le organizzazioni di stampo mafioso hanno sfruttato la conformazione territoriale delle valli bergamasche come rifugio per latitanti e come nascondiglio per le attività illecite. La Commissione parlamentare antimafia scriveva nel 1994 che “in particolare, le valli sono facilmente accessibili (sono frequentate intensamente soltanto nel periodo delle vacanza) ed è, quindi, agevole affittare delle abitazioni dove trattare affari o, come è stato scoperto, impiantare delle raffinerie”. Inoltre “alle caratteristiche del territorio, si sono aggiunti negli ultimi anni altri elementi di forte attrazione per le organizzazioni criminali di stampo mafioso: infatti, la provincia è interessata dai lavori per la realizzazione di alcuni tratti o di ampliamenti sia della A4 Mi-Bg, sia della Pedemontana, sia della TAV”.
Infine a oggi, “la presenza della ‘ndrangheta appare meno forte e soprattutto meno strutturata rispetto ad altre zone della regione. Ma il quadro generale va integrato considerando una apprezzabile presenza della camorra, che opera, in particolare, in attività commerciali”.
Dunque, la mafia al nord non esiste?

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